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Da quando ho un abbonamento a Netflix, il numero di documentari che guardo è esponenzialmente aumentato. Prima, con la sola tv pubblica, l’offerta di questo tipo di contenuti mi era così limitata che non mi sono mai realmente chiesta che tipo di documentari mi piacesse vedere. Ora che ne ho visti un po’, credo di aver trovato una quadra nei miei gusti e, alla fine, non sono molto dissimili da quelli che ho in fatto di libri: anche se più che concentrarmi sulle biografie dei singoli, mi concentro sulle radiografie di un pezzo di società.

Tra lo scorso anno e l’inizio di questo sono capitata su 2 documentari, diametralmente diversi tra loro, che si sono occupati a loro modo di raccontare l’impatto della moda sulla società. Visto che per 5 anni mi sono occupata anche io di moda, continuo a guardare con la coda dell’occhio cosa succede in quel mondo, continuo ad interessarmi a cose che con la moda hanno a che fare.

Uno s’intitola Political Dress, l’altro The True Cost.
Il primo racconta un pezzo di storia della mia seconda patria, la Polonia, l’altro un pezzo di mondo in cui vivo adesso. Uno mi ha fatto sentire orgogliosa, il secondo un’idiota. Il primo è disponibile su YouTube, il secondo su Netflix. Entrambi mi hanno fatto riflettere su quanto la grandezza o la piccolezza dell’umanità dipende da quello che facciamo, a noi e agli altri.

Political Dress è un documentario polacco del 2011 diretto da Judyta Fibiger. Racconta di come funzionasse lo street fashion negli anni di PRL (la Repubblica Popolare di Polonia) dal dopoguerra fino alla caduta del muro di Berlino. Mostra quanto avere poco (o nulla) renda l’uomo (in questo caso la donna) più inventivo che mai, fino ad innalzarlo ad esempio cui inspirarsi.
Protagoniste del documentario sono le donne polacche che hanno fatto la storia della moda in quegli anni, Barbara Hoff (fondatrice dei magazzini Hoffland che hanno vestito mezza Polonia) e Barbara Hulanicki (in arte “Biba”, fashion designer) in primis, ma anche tutte le donne che ogni giorno hanno lottato per poter essere alla moda, mentre cercavano di sopravvivere in un momento storico difficilissimo, in cui il governo sovietico pretendeva da loro che fossero solamente dei numeri in mezzo alla folla.

Per me è stato un documentario illuminante: non conoscevo questa parte di storia del Paese in cui è nata mia madre.
Ho sempre saputo che lo stile delle donne polacche fosse totalmente unico, ma grazie ad un’ora e qualche minuto di film ne ho riscoperto la forza, l’inventiva, il ruolo nella società.

Il documentario si focalizza sul ruolo politico che la moda di quell’epoca avesse nella società: quali scelta facevano scandalo, quali erano sovversive, quali pericolose.

Se per la maggior parte del tempo crediamo che vestirci sia un mero obbligo per non andare in giro nudi, o una frivolezza per sembrare chi non si è, questo documentario dimostra in realtà che è proprio l’aspirare ad essere qualcuno, a mostrare al mondo come ci sentiamo è e dev’essere la vera essenza della moda.

Polotical Dress

The True Cost, invece, è un documentario del 2015, realizzato da Andrew Morgan grazie al sostegno arrivato da tutto il mondo tramite una campagna di crowdfunding avvenuta su Kickstarter. Racconta del lato oscuro del fast fashion (la “moda veloce” per cui tutto è a prezzi accessibili al ceto medio-basso e possiamo vestirci ogni giorno in modo diverso): il suo impatto ambientale, sociale, politico.

Nonostante su molti punti sia anch’esso illuminante, The True Cost è in realtà un pugno allo stomaco. Il “vero costo” di cui parla il titolo è quello umano: quanto in là possiamo realmente spingerci nello sfruttamento di risorse per avere un armadio pieno di cose che non indossiamo? Siamo davvero disposti a sacrificare intere regioni del mondo, etnie, vite per una semplice t-shirt?

Quello che più emerge da questo documentario è l’impressione di essere entrati in un vortice, che abbiamo auto-prodotto, da cui non saremo in grado di uscire puliti: nessuno escluso. Non sono solo le grandi corporation a creare un’offerta, bensì è la domanda che è così schiava dell’aspirazione da risultare quasi ridicola.
Anche quando crediamo di fare del bene rischiamo di produrre il contrario (la parte sul second hand è abbastanza deprimente).

Il documentario di certo non dà una risposta sulla questione: non uscirete dalla visione con una soluzione tra le mani. Ma, probabilmente, il viaggio che avrete affrontato vi permetterà di capire se quello che stiamo chiedendo al mondo di sopportare valga veramente la pena di esistere così com’è.

[Update] Leggi l’articolo di Business Insider sulle pagelle date da Greepeace ai brand di moda.
 

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